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Epidemia di peste in Città

Nel 1630 la Città, venne colpita da una terribile epidemia di peste, la peggiore che la storia moderna ricordi, ed i morti si contarono a decine di migliaia... Nel corso dell’epidemia il numero dei morti era così elevato che venne deciso di scavare grandi fosse, denominate “fopponi”, fuori dalle Mura cittadine, dove vennero inumati, alla bell’e meglio, migliaia di cadaveri. Uno di questi grandi fopponi venne scavato nei prati sotto il Monastero di Sant’Agostino,nella zona di Valverde, in prossimità del torrente Morla. La scelta, se giustificata dalla gravità della situazione e dalla urgenza, fu però infelice: il torrente spesso esondava per cui le acque invadevano l’area cimiteriale provocando così disastri e sofferenza ai sopravvissuti. I cittadini cominciarono subito a lamentarsi, ma la situazione, per circa 30 anni, non cambiò. Poi gli amministratori si convinsero e decisero di esumare i poveri resti e di trasportarli in un luogo più sicuro (ed asciutto) : per questo venne consacrato un campo a fianco della chiesa di Santa Maria in Valverde, lì vicino, ma lontana dal Morla, dove vennero, nella giornata di oggi, trasportate le ossa di alcune migliaia di cittadini morti di peste trent’anni prima. Il trasporto è avvenuto nella giornata di oggi: una processione enorme di cittadini e di autorità (che sicuramente avevano ancora ben presente le dimensioni e la disumanità del“ grande morbo”) ha accompagnato le casse con i resti umani esumati. A fianco della chiesa poi venne costruita anche una cappella, ancora esistente, che ospita, in una grande teca, parecchi teschi, visibili anche dall’esterno, che vogliono ricordare “ai passanti” (ma non solo) le migliaia di cittadini morti, ma anche la fragilità umana (di allora o di oggi?) di fronte alla pandemia.