Le Donne della Costituente
21 alberi intitolati alle 21 donne elette, il 2 giugno 1946 all’Assemblea Costituente
Un gesto voluto dal Consiglio delle Donne nel 75° anniversario della Costituzione della Repubblica italiana
Il 2 giugno 1946 gli italiani e le italiane sono chiamati a scegliere tra Monarchia e Repubblica e ad eleggere i loro e le loro rappresentanti nell’Assemblea Costituente. Le donne elette sono 21, su un totale di 556 deputati.
Molto diverse tra loro per età, cultura, professione, provengono tutte da precedenti esperienze di impegno sociale e politico, caratterizzato dall'opposizione al fascismo; in molti casi sono state attive nella Resistenza. Della Commissione, incaricate di redigere il progetto di testo costituzionale da sottoporre all’approvazione dell’Assemblea, fanno parte 5 donne: Anna Maria Agamben, Angela Gotelli, Nilde Iotti, Lina Merlin e Teresa Noce.
Pur appartenendo a forze politiche molto distanti tra loro, queste nostre Madri Costituenti sanno trovare i punti di incontro per dare voce comune alle legittime aspirazioni di emancipazione delle donne e per garantire alle italiane e agli italiani eguaglianza di diritti e pari opportunità, attraverso la nuova Carta costituzionale dell’Italia democratica, votata il 22 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948.
Come scrive Livia Turco "Le Donne Costituenti intendono rappresentare l'ansia di giustizia sociale, sentono l'urgenza di risolvere i problemi delle donne italiane, di definire per loro un futuro migliore, all'interno di un nuovo assetto economico, sociale, giuridico e culturale. Pur avendo diverse formazioni culturali, seppero costruire un'alleanza per iscrivere nella Costituzione una nuova visione della donna, dei rapporti tra uomini e donne, tra genitori e figli".
I testi dei profili biografici delle deputate all’Assemblea costituente sono tratti dal volume "Le donne della Costituente", a cura di Maria Teresa Antonia Morelli, Roma-Bari, Laterza Fondazione della Camera dei deputati, 2007.
Adele Bei (Cantiano, 4 maggio 1904 - Roma, 15 ottobre 1976)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel XVIII collegio (Ancona-Pesaro-Macerata-Ascoli Piceno). Nata in una famiglia povera operaia fortemente politicizzata, nel 1920 sposò Domenico Ciufoli, tra i fondatori del Partito Comunista d'Italia. Fu arrestata nel 1933 e condannata a 18 anni di reclusione. Ne trascorse quasi dieci nel penitenziario femminile di Perugia e fu scarcerata con la caduta di Mussolini. Divenne presto molto attiva nella Resistenza, combattendo con i patrioti romani e organizzando la partecipazione delle donne alla lotta contro i nazifascisti. Nel 1945 viene designata dalla CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) a far parte della Consulta nazionale, unica donna, tra le consultrici, ad essere designata da un sindacato e non dal proprio partito. Fa parte della Commissione Industria e Commercio. Partecipa attivamente alle associazioni di area: membro del Consiglio direttivo dell’Unione Donne Italiane (UDI) e membro del Consiglio nazionale dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI). Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista del Partito Comunista. Ricopre la carica di segretaria della Terza Commissione per l’esame dei disegni di legge. Eletta in Senato nella I legislatura (1948-1953) unica donna fra i 106 senatori di diritto nominati in accordo con la III disposizione transitoria e finale della Costituzione Italiana. Eletta alla Camera dei deputati nella II (1953-1958) e III (1958-1963) legislatura del Parlamento: si occupa di Lavoro, Previdenza sociale, Emigrazione, Commercio, Finanze e tesoro e Difesa.
Bianca Bianchi (Vicchio di Mugello, 31 luglio 1914 - 9 luglio 2000)
Eletta nella lista del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, nel XV collegio (Firenze-Pistoia), laureata in filosofia e pedagogia, insegna in diversi istituti superiori di Firenze, Mantova, Cremona, Crema e Genova. Partecipa alla Resistenza salvando numerosi soldati alleati caduti nelle zone controllate dai tedeschi e rifornendo i partigiani di armi e munizioni. Si impegna nella ricostruzione dei paesi toscani danneggiati dalla guerra e nell’assistenza alla popolazione bisognosa. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria. Ricopre la carica di Segretaria di Presidenza dell’Assemblea Costituente, insieme a Teresa Mattei. I suoi interventi riguardano prevalentemente i temi delle pensioni, della scuola e dell’occupazione. Auspica un tipo di scuola che, oltre a fornire un’adeguata preparazione culturale, formi le generazioni future, che insegni loro la capacità critica e la libertà interiore per affrontare le proprie scelte di vita. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: presenta numerose proposte di legge riguardanti la tutela giuridica dei figli naturali, l’obbligatorietà del riconoscimento materno, la ricerca della paternità e l’unificazione dei servizi assistenziali dei figli illegittimi. Fa parte della VI Commissione Istruzione e Belle Arti.
Laura Bianchini (Castenedolo, 23 agosto 1903- Roma il 27 settembre 1983)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel VI collegio (Brescia Bergamo), laureata in Filosofia, è insegnante e pubblicista. Cattolica, antifascista, è molto attiva nella Resistenza bresciana e milanese. Sospettata dalla polizia è costretta a cercare rifugio a Milano dove riceve l’incarico di coordinare la stampa clandestina. Diventa redattrice del giornale cattolico «Il Ribelle», sul quale si firma con gli pseudonimi di Penelope, Don Chisciotte e Battista. Si dedica, inoltre, alla organizzazione dei soccorsi ai detenuti politici del carcere di San Vittore e all’assistenza alle famiglie ebree ricercate dai nazifascisti, favorendo a molte di loro la fuga in Svizzera. Fa parte del comando delle «Fiamme Verdi» e dell’esecutivo del CLNAI (Comitato Liberazione Nazionale Alta Italia) per la Democrazia Cristiana, incaricata di organizzare i primi gruppi femminili. Membro del consiglio nazionale della Democrazia Cristiana e del comitato na-zionale del movimento femminile di Azione cattolica. Presidente della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) femminile di Brescia e delle laureate cattoliche. Nel 1945, designata dalla Democrazia Cristiana a far parte della Consulta nazionale, è segretaria della Commissione Istruzione e Belle Arti. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: fa parte della VI Commissione Istruzione e Belle Arti e componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e sui mezzi per combatterla.
Elisabetta Conci (Trento, 23 marzo 1895 - Mollaro in Valle di Non, 1 novembre 1965)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nell’VIII collegio (Trento). Laureata in lettera intraprende l’attività di insegnante in lingua tedesca presso l’Istituto tecnico «Leonardo da Vinci» di Trento dove rimane per quindici anni. La scuola rappresenta per lei il primo campo di azione sociale. Nei difficili anni della guerra offre la propria collaborazione al fine di creare centri di studio e di assistenza, doposcuola e mense per studenti. Nel 1945 fa parte del primo comitato provinciale della Democrazia Cristiana trentina, per i gruppi femminili. È collaboratrice de «Il Popolo Trentino». Contribuisce ad una rapida riattivazione dell’Opera Nazionale di Assistenza all’Infanzia delle Regioni di Confine (ONAIRC) e dell’Istituto Professionale Femminile; promuove, inoltre, la costituzione a Trento della Scuola superiore di servizio sociale. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Fa parte del «Comitato dei 18», un comitato di redazione costituito dall’Ufficio di Presidenza della «Commissione dei 75», allargato ai rappresentanti di tutti i partiti, che ha il compito di coordinare e armonizzare il lavoro prodotto dalle tre sottocommissioni della Commissione per la Costituzione. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), II (1953-1958), III (1958-1963), IV (1963- 1968) legislatura del Parlamento: si occupa con grande impegno della questione delle autonomie e dei problemi che la stessa pone in riferimento all’Alto Adige. Convinta propugnatrice dell’ideale europeistico, nel 1955 è tra le fondatrici dell’Unione Femminile Europea.
Filomena Delli Castelli (Città Sant’Angelo, 28 settembre 1916 - 22 dicembre 2010)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel XXI collegio (L’Aquila-Pescara-Chieti-Teramo). Entra nel Movimento giovanile dell’Azione Cattolica ricoprendo numerose cariche direttive. Nel 1940 si laurea in Lettere. Partecipa alla lotta di resistenza per la liberazione d’Italia come crocerossina; durante i mesi dell’occupazione tedesca, oltre ad esercitare una intensa attività clandestina antifascista, si dedica in particolare all’assistenza dei profughi che in massa affluiscono nella provincia di Pescara scacciati dalle loro case dalla furia della guerra. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Nell’ambito della discussione sul Titolo II del progetto di Costituzione, riguardante i rapporti etico-sociali, definisce la famiglia una «società naturale», a cui spetta il diritto di educare l’uomo, nella piena libertà di pensiero, di parola e di culto, e attribuisce allo Stato il compito di combattere quegli elementi di deterioramento dell’istituto familiare. Fa parte della Commissione speciale per l’esame e l’approvazione dei disegni di legge sul teatro e sulla cinematografia e della Commissione speciale per la ratifica dei decreti legislativi emanati nel periodo della Costituente. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), II (1953-1958) legislatura del Parlamento : si occupa di affari interni, istruzione e belle arti, lavoro e previdenza sociale.
Maria De Unterrichter (Ossana (Tn), 20 agosto 1902 - 27 dicembre 1975)
Eletta nella lista della Democrazia cristiana, nel collegio unico Nazionale. Laureata in Lettere diventa Presidente delle universitarie cattoliche e come membro dell’associazione «Pax Romana» partecipa al congresso di Budapest nel 1924. È presidente nazionale della Federazione Universitaria Cattolica Italiana (FUCI) dal 1925 al 1929, poi in qualità, di membro del centro nazionale dell’Unione Donne Cattoliche, si interessa delle questioni religiose e familiari Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Fa parte della Commissione per i Trattati internazionali. Nell’ambito dell’attività non legislativa in Assemblea, interviene, nella seduta del 3 maggio 1947, per celebrare il ritorno in Italia di Maria Montessori, dopo un lungo periodo trascorso in esilio, dove ha continuato a divulgare all’interno delle scuole il suo metodo e il suo pensiero. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), II (1953-1958), III (1958-1963) legislatura del Parlamento: sottosegretaria di Stato alla Pubblica Istruzione, dal 1954 al 1958, ha la delega per le scuole elementari, le scuole materne, per le antichità e belle arti, per le accademie e le biblioteche. Componente della III commissione Esteri e della commissione parlamentare per la vigilanza sulle radiodiffusioni. Ricopre numerosi altri incarichi: membro del consiglio di presidenza del “Comitato italiano difesa morale e sociale della donna” (CIDD), componente del comitato direttivo dell’Unione Nazionale Lotta contro l’Analfabetismo (UNLA), della Commissione per le ricompense al valore ed al merito civile e membro del consiglio di amministrazione dell’Istituto Orientale di Napoli.
Anna Maria Agamben (l’Aquila, 19 settembre 1899 - 28 luglio 1984)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel collegio unico nazionale. Laureata in Lettere, è docente di italiano e storia nelle scuole medie superiori e giornalista. Autrice di varie pubblicazioni scolastiche, si sofferma sui problemi dell’educazione. Durante gli anni del regime fascista si trasferisce all’estero e continua ad insegnare presso gli istituti italiani di cultura prima a Sofia, quindi in Egitto e poi a Parigi. Torna a Roma nel 1939, dove si impegna nella Resistenza. Nell’agosto del 1944, in occasione del congresso istitutivo delle A.C.L.I. (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani) viene eletta prima delegata femminile, e in questa veste, l’anno successivo, organizza il Convegno nazionale per lo studio delle condizioni del lavoro femminile, che costituisce un importante momento di confronto delle donne cattoliche. Come rappresentante del settore femminile delle ACLI partecipa, nell’inverno tra il 1944 ed il 1945, ai lavori preparatori di fondazione del Centro Italiano Femminile (CIF), di cui è la prima presidente, carica che ricopre dal 1944 al 1950, il cui scopo è quello di conquistare le masse femminili alla causa democratica, educarle alla politica, aiutandole a migliorare le loro condizioni materiali di vita. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Fa parte della «Commissione dei 75» incaricata di formulare il testo della Costituzione italiana dove, riguardo al potere giudiziario, afferma che l’unico elemento discriminatorio per l’accesso delle donne in magistratura deve essere il merito e non le attitudini o le capacità. Si occupa dei diritti e doveri economico-sociali, dove presenta una relazione sulle garanzie economiche e sociali per l’esistenza della famiglia. Nell’ambito della discussione sul diritto di proprietà e intrapresa economica, sostiene la necessità di una riforma agraria che promuova l’elevazione morale e materiale dei ceti contadini e delle loro condizioni di lavoro. Nel 1947 dà vita all’Associazione nazionale famiglie emigrati (ANFE). Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: componente della XI commissione lavoro e previdenza sociale e componente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla disoccupazione.
Nadia Gallico Spano (Tunisi, 2 giugno 1916 - Roma, 19 gennaio 2006)
Eletta nella lista del Partito comunista italiano, nel XX collegio (Roma-Latina-Viterbo-Frosinone). Per la sua attiva militanza antifascista nel 1941 viene condannata dal Tribunale speciale militare francese a Tunisi, ma clandestinamente continua a lottare per la liberazione della Tunisia; la sua casa diventa il punto di ritrovo delle forze della Resistenza. Nel 1944 raggiunge il marito Velio Spano a Napoli: qui conosce Palmiro Togliatti e ottiene l’incarico di responsabile nazionale del Partito Comunista per i gruppi femminili e dirige i primi numeri della rivista «Noi Donne». Nell’agosto del 1944 ritorna a Roma, dove continua ad occuparsi della rivista fino al 1945, e partecipa alla costituzione dell’Unione Donne Italiane (UDI). Nel 1945 trasferitasi in Sardegna, su indicazione del partito, collabora con il movimento femminile; ritornata a Roma, inizia a lavorare nella federazione romana del P.C.I. dedicandosi soprattutto ai problemi dell’infanzia. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista del Partito Comunista Italiano. Nell’ambito della discussione sul Titolo II, del Progetto di Costituzione, riguardante i rapporti etico-sociali interviene sul tema della famiglia: afferma la necessità che lo Stato riconosca la famiglia come società naturale e garantisca le condizioni materiali che favoriscano la sua formazione e il suo sviluppo. È favorevole al principio della uguaglianza dei coniugi e della uguaglianza dei figli legittimi con quelli illegittimi, rivendicando in favore di questi ultimi la cancellazione dell’infamante marchio di N.N. In occasione della celebrazione della giornata della donna (8 marzo 1947) interviene, insieme a Elsa Conci, chiedendo a nome di tutte le donne italiane un governo stabile, che lavori per la pace, che assicuri il lavoro a tutti, che tuteli la maternità, l’infanzia e le persone non più giovani. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) e II (1953-1958) legislatura del Parlamento : fa parte della III Commissione Diritto Procedura e Ordinamento Giudiziario, Affari di Giustizia, Autorizzazione a procedere; della VIII Commissione Trasporti, Comunicazioni, Marina Mercantile; della IX Commissione Agricoltura e Foreste, Alimentazione. Fa parte, inoltre, della Commissione speciale per l’esame della proposta «Sistemazione in Sardegna della sovrappopolazione di altre regioni mediante valorizzazione delle risorse agricole e industriali dell’isola. Istituzione dell’opera per la valorizzazione della Sardegna». Fa parte della X Commissione Industria e Commercio e della XI Commissione Lavoro, Emigrazione, Cooperazione, Previdenza e Assistenza sociale, Assistenza post-bellica, Igiene e Sanità pubblica.
Angela Gotelli (Albareto, 28 febbraio 1905 - 21 novembre 1996)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel III collegio (Genova Imperia-La Spezia-Savona). Laureata in lettere e filosofia, insegnò Lettere classiche presso il ginnasio di Trieste. Durante gli anni universitari è attiva nella FUCI (Federazione Universitaria Cattolici Italiani), di cui sarà presidente nazionale delle universitarie, collaborando con Aldo Moro e con mons. Montini, futuro papa Paolo VI; nel 1934 partecipa alla fondazione del movimento dei laureati cattolici. Dopo l’8 settembre 1943, è attiva nella Resistenza, come crocerossina; offre la sua casa come sede del locale comando partigiano e asilo per i perseguitati politici. Collabora con il CLNAI (Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia) e riesce a far evitare rappresaglie tedesche in alcuni paesi dell’Emilia e della Liguria. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana. Fa parte della “Commissione dei 75” (che aveva l’incarico di redigere la Carta Costituzionale) e insieme a Nilde Iotti della Prima Sottocommissione sui diritti e doveri dei cittadini. Nella seduta del 31 gennaio 1947, nell’ambito dell’attività della Commissione per la Costituzione, interviene nella discussione sul potere giudiziario, e in accordo con Maria Federici e Nilde Iotti, sostiene il diritto delle donne di accedere agli alti gradi della magistratura. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), II (1953-1958), III (1958-1963) legislatura del Parlamento: ricopre incarichi governativi: sottosegretaria alla Sanità (1958/60) e al Lavoro e alla Previdenza Sociale (1959/60). Dal 1963 al 1973 fu presidente dell’ONMI (Opera Nazionale per la protezione della Maternità e dell’Infanzia).
Angela Guidi (Roma 31 Ottobre 1896 - 11 luglio 1991)
Eletta nella lista della Democrazia cristiana, nel XX collegio (Roma Latina-Viterbo-Frosinone). Nata a Roma in una famiglia della borghesia cattolica, nel 1918 si iscrive alla Gioventù Femminile Cattolica, divenendo dirigente del gruppo romano. Collabora con don Sturzo nell’assistenza agli orfani di guerra e è segretaria della sezione femminile romana del PPI (Partito Popolare Italiano fondato nel 1919 da don Sturzo). Attiva soprattutto nella valorizzazione del lavoro femminile e convinta della funzione fondamentale della cooperazione, si impegna nell’organizzazione sindacale femminile. Ispettrice del Lavoro e vicepresidente della Commissione per l’emigrazione al Ministero degli Esteri. Grazie a una intensa attività giornalistica, di studio, di inchieste, diviene una delle maggiori esperte in questioni riguardanti il lavoro femminile. Durante la Resistenza ospita nella sua casa il Comitato di Liberazione Nazionale. Organizza aiuti per fuggiaschi e perseguitati ed è importante punto di riferimento per gli antifascisti cattolici romani. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per la Democrazia Cristiana. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: sottosegretaria all’Artigianato al Ministero dell’Industria del Commercio. Opera a sostegno della legge Merlin, offrendo assistenza alle donne che intendevano uscire dalla prostituzione.
NOTA: è la prima donna ad intervenire nelle discussioni con un forte intervento a favore della parità uomo donna, il 1° ottobre 1945: "Colleghi Consultori, nel vostro applauso ravviso un saluto per la donna che per la prima volta parla in quest’aula. Non un applauso dunque per la mia persona ma per me quale rappresentante delle donne italiane che ora, per la prima volta, partecipano alla vita politica del Paese. Ardisco pensare di poter esprimere il sentimento, i propositi e le speranze di tanta parte di donne italiane. Credo proprio di interpretare il pensiero di tutte noi Consultrici invitandovi a considerarci non come rappresentanti del solito sesso debole e gentile, oggetto di formali galanterie e di cavalleria di altri tempi, ma pregandovi di valutarci come espressione rappresentativa di quella metà del popolo italiano che ha pur qualcosa da dire, che ha lavorato con voi, con voi ha sofferto, ha resistito, ha combattuto, con voi ha vinto e ora con voi lotta per una democrazia che sia libertà politica, giustizia sociale, elevazione morale. Io amo credere che per questo e solo per questo ci abbiate concesso il voto. È mia convinzione che se non ci fossero stati questi venti anni di mezzo, la partecipazione della donna alla vita politica avrebbe già una storia e vi dirò che forse è bene che noi entriamo nella vita politica in questa tragica ora che vive l’Italia. Noi donne che siamo temprate a superare il dolore e il male con la nostra operosità e con la nostra pietà, siamo fiere di essere in prima linea nell’opera di resurrezione a favore del popolo nostro. Non si tema, per questo nostro intervento quasi un ritorno a un rinnovato matriarcato, seppure mai esistito! Abbiamo troppo fiuto politico per aspirare a ciò; comunque peggio di quel che nel passato hanno saputo fare gli uomini noi certo non riusciremo mai a fare! Il fascismo ha tentato di abbrutirci con la cosiddetta politica demografica considerandoci unicamente come fattrici di servi e di sgherri, sicché un nauseante sentore di stalla avrebbe dovuto dominare la vita familiare italiana. La nostra lotta contro la tirannide tramontata nel fango e nel sangue, ha avuto un movente eminentemente morale, poiché la malavita politica che faceva mostra di sé nelle adunate oceaniche, fatalmente sboccava nella malavita privata. Per la stessa dignità di donne noi siamo contro la tirannide di ieri come contro qualunque possibile ritorno ad una tirannide di domani. Non so se risponda a verità la definizione che della donna militante è stata data: “la donna è un istinto in marcia”. Ma anche così fosse, è l’istinto che ci fa essere tutrici della pace. È anzitutto pace serena delle coscienze, da cui deriva la pace feconda delle famiglie, infine, pace operosa del lavoro. Questa triplice finalità della pace l’Italia di domani la raggiungerà se noi sapremo essere l’anima, la poesia, la sorgente della vita nuova del risorto popolo italiano. Colleghi Consultori, ho finito; ma come donna e come italiana figlia del mio tempo, sento di non poter meglio concludere se non col sostituire alla mia parola quella ardente della grande popolana di Siena che, a distanza di secoli ed in analoga situazione catastrofica per il nostro Paese, incita ed esalta le donne italiane ad una intrepida operosità, fonte di illuminato ottimismo: “traete fuori il capo e uscite in campo a combattere per la libertà. Venite, venite e non andate ad aspettare il tempo, che il tempo non aspetta noi”.
Nilde Iotti (Reggio Emilia, 10 Aprile 1920 - Roma, 4 Dicembre 1999)
Eletta nella lista del Partito comunista italiano, nel XIV collegio (Parma-Modena-Piacenza-Reggio Emilia). Laureata in lettere all’Università Cattolica, che frequenta con una borsa di studio ed in seguito docente in un istituto tecnico della sua città. Durante la Resistenza collabora attivamente all’organizzazione dei Gruppi di difesa della donna, aperti alle donne di ogni convinzione politica e religiosa, che si segnalano per l’attività di sostegno ai Comitati di liberazione periferici, alle agitazioni nelle fabbriche per il sabotaggio della produzione di guerra e per l’assistenza alle famiglie dei deportati, dei carcerati e dei caduti. Nell’autunno del 1945 diventa segretaria provinciale dell’Unione Donne in Italia (UDI) per la quale indaga sulla condizione delle famiglie più bisognose. Nella primavera del 1946 viene eletta consiglio comunale di Reggio Emilia. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per il Partito Comunista Italiano. Insieme a Lina Merlin, Teresa Noce, Angela Gotelli e Maria Federici fa parte della Commissione dei Settantacinque (che aveva l’incarico di redigere la Carta Costituzionale) e nella sottocommissione per i diritti civile, politici ed economici, si batte per l’affermazione del principio della parità tra i coniugi, del riconoscimento dei diritti dei figli nati fuori dal matrimonio e delle famiglie di fatto. Si dichiara, inoltre, nettamente contraria all’introduzione del principio dell’indissolubilità del matrimonio nel testo costituzionale. Contribuisce a scrivere gli art. 29, 30 e 31, riguardanti la famiglia. Eletta alla Camera dei deputati dalla I (1948-1953) alla XIII (1996-2001) legislatura del Parlamento è la prima donna eletta Presidente della Camera, carica che ricopre dal 20 giugno 1979 al 22 aprile 1992. Si impegna in molte battaglie, come la legge sul divorzio (1970), la riforma del diritto di famiglia (1975), la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza (1978). Dal 1969 al 1979 fu deputata al Parlamento Europeo.
Teresa Mattei (Genova, 1 Febbraio 1921 - Usigliano, 12 Marzo 2013)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel XV collegio (Firenze Pistoia). Nel 1938, in seconda liceo, viene espulsa dal liceo classico Michelangelo di Firenze e da tutte le scuole del Regno perché contesta le leggi razziali fasciste. Prosegue gli studi da privatista laureandosi in Filosofia nel giugno del 1944. Partigiana con il nome di battaglia “Chicchi”, entra nel Partito comunista nel 1942, fonda i Gruppi di difesa della donna di Firenze e finisce la guerra di Liberazione con il grado di Comandante di Compagnia. Negli anni della clandestinità della lotta partigiana incontra Bruno Sanguinetti, che in seguito sposerà. Nel febbraio 1944, il fratello Gianfranco anche lui attivo nella lotta, si suicida in carcere per non tradire i compagni sotto tortura. Anche Teresa viene arrestata, torturata e violentata, ma riesce ad evitare la fucilazione e a fuggire. Nell’aprile 1944, è impegnata a Firenze insieme a tanti altri compagni nella Resistenza. Nel settembre successivo è tra le prime iscritte all’Unione Donnei Italiane (UDI), di cui diventa membro del Comitato direttivo. Afferma: “Nessuna Resistenza avrebbe potuto essere senza le donne”. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per il Partito Comunista Italiano: a soli 25 anni è la più giovane fra tutti i costituenti. Ricopre il ruolo di segretaria dell’Ufficio di Presidenza. Lavora alla stesura dell’art.3, cardine della nostra Costituzione, sull’eguaglianza dei cittadini, principio che sostiene con un appassionato discorso in Assemblea. Con Teresa Noce e Rita Montagnana, propone la mimosa simbolo dell’8 marzo, ricorrenza della Festa della donna. Si rifiuta di candidarsi alle elezioni del 1948 non condividendo l’inserimento dei Patti Lateranensi in Costituzione (art. 7) ed in seguito viene radiata dal PCI, perché critica la linea togliattiana di sostegno allo stalinismo. Ha continuato tuttavia a impegnarsi a favore dei diritti delle donne e dei minori, con molteplici attività e iniziative concrete.
Lina Merlin (Pozzonovo, 15 Ottobre 1887 - Padova, 16 Agosto 1979)
Eletta nella lista del Partito Socialista Italiano d’Unità Proletaria, nel collegio unico nazionale. Nel 1907, a 20 anni, inizia a lavorare come maestra elementare, ruolo che mantenne fino al 1926, quando viene licenziata dal suo impiego di insegnante perché si rifiuta di prestare il giuramento di fedeltà al regime, obbligatorio per gli impiegati pubblici. Si iscrive al PSI (Partito Socialista Italiano), perché ne condivide il rifiuto all’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale. Nel 1924 le viene affidato l’incarico di coordinare la campagna elettorale veneta: in quell’occasione stila un rapporto sulle violenze e le illegalità commesse dagli squadristi e lo consegna a Giacomo Matteotti. È noto quello che ne conseguì. Nel 1926 viene arrestata e condannata dal Tribunale Speciale a cinque anni di confino in Sardegna. Nel 1943 entra nella Resistenza, prendendovi parte attiva e organizzando i “Gruppi di Difesa della Donna”. Dopo la Liberazione, entra a far parte del gruppo dirigente del PSI che la nomina vicecommissaria all’istruzione, con l’incarico di riorganizzare la scuola. Nel 1946 fu eletta all’Assemblea Costituente per il Partito Socialista Italiano, nella lista unica. Fa parte della “Commissione dei 75” che ha il compito di redigere la carta Costituzionale: a lei si deve l’aggiunta della specificazione nell’art. 3 della Costituzione: “senza distinzione di sesso”, con la quale viene posta la base giuridica per il raggiungimento della piena parità di diritti tra uomini e donne. Eletta al Senato nella I (1948-1953) e II (1953-1958) legislatura del Parlamento ricopre la carica di Segretaria del Consiglio di Presidenza del Senato, fa parte della VI Commissione Istruzione Pubblica e Belle Arti e fa parte della X Commissione Lavoro, Emigrazione, Previdenza sociale. È promotrice della proposta di legge 75 del 20 febbraio 1958 che abolisce le «case di tolleranza» e la regolamentazione statale della prostituzione e che ne punisce lo sfruttamento e il favoreggiamento. Unica donna in Senato nella II legislatura 1958-1963, si diceva, per il suo carattere battagliero: “C’è una sola donna, ma una di troppo”. E molte sono le sue battaglie a difesa di diritti delle donne: proposte di legge a favore delle madri carcerate, per l’abolizione della scritta “figlio di NN” nei documenti anagrafici, per il divieto di licenziamento per matrimonio.
Angiola Minella (Torino, 3 Febbraio 1920 - Genova, 12 Marzo 1988)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel III collegio (Genova- Imperia-La Spezia-Savona). Laureata in Lettere, insegnante, prende parte alla lotta antifascista, prima a contatto dei gruppi badogliani del Piemonte, poi delle formazioni garibaldine di Savona, venendo insignita nel dopoguerra del titolo di partigiana combattente e della croce di guerra. Responsabile della commissione femminile nella segreteria della federazione del PCI di Savona e consigliere comunale, fa parte del consiglio nazionale dell’Unione Donne Italiane (UDI). Con Nadia Spano promuove la campagna “Salviamo l’infanzia”, a favore di bambini e bambine dei ceti più poveri, ospitati da famiglie in Emilia, Toscana, Liguria, esperienza testimoniata dal suo libro “Cari bambini, vi aspettiamo con gioia”. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente per il Partito Comunista Italiano. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) e nella III (1958-1963) legislatura del Parlamento: fa parte della IV Commissione Finanze e Tesoro e della IX Commissione Agricoltura e Foreste, alimentazione, è vicepresidente della XIV Commissione Igiene e Sanità pubblica. Eletta al Senato nella IV (1963-1968) e V (1968-1972) legislatura del Parlamento: è segretaria della Commissione Igiene e Sanità, componente della Commissione speciale per il testo unico delle leggi antinfortunistiche del lavoro e vicepresidente della X Commissione Lavoro, Emigrazione, Previdenza sociale. Dedica la sua attività in particolar modo alla riforma dell’assistenza sanitaria ed ospedaliera e del servizio per l’assistenza alla maternità e all’infanzia. Il 28 febbraio 1964, insieme ad altri senatori, presenta il disegno di legge sulla «Disciplina della raccolta, conservazione e trasfusione del sangue umano e riconoscimento della funzione civica e sociale delle Associazioni di donatori di sangue» e il 23 gennaio 1965 presenta il disegno di legge sulle «Nuove norme per l’assistenza alla maternità e alla prima infanzia e piano decennale per lo sviluppo degli asili nido». Per i suoi ideali di emancipazione e per l’attenzione al ruolo delle donne nella società, veniva chiamata “deputata delle donne”.
Rita Montagnana (Torino, 6 gennaio 1895 – Roma, 18 luglio 1979)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel XIII collegio (Bologna-Ferrara-Ravenna-Forlì). Inizia a lavorare a 14 anni, prima come sarta, poi presso la Banca Commerciale italiana, quindi nell’Alleanza cooperativa torinese, dove si distingue nel lavoro organizzativo e di propaganda. Nel 1917 diventa dirigente del comitato femminile regionale e membro della commissione elettorale della sezione socialista torinese. Nel 1921, in seguito alla sua adesione al Partito Comunista, viene inviata a Mosca come delegata del partito al III Congresso dell’Internazionale comunista. Al rientro in Italia viene chiamata a Roma per lavorare presso la direzione del PCI e per dirigere il quindicinale delle donne comuniste «Compagna». Svolge numerosi incarichi di responsabilità presso il Centro estero del Partito Comunista (Spagna, Russia, Francia, Svizzera). Nel 1924 sposa Palmiro Togliatti che è tra i fondatori del Partito Comunista Italiano. Nel luglio del 1937 viene inviata in Spagna. In seguito rientra a Mosca, dove lavora alla redazione di «Radio Milano Libertà» e alla redazione in lingua italiana di «Radio Mosca»; collabora, inoltre, al giornale «L’Alba», fondato nel 1943 e destinato ai prigionieri di guerra italiani nell’URSS. Nel 1944 ritorna in Italia, a Napoli, dove riprende il lavoro di partito. Dopo la liberazione di Roma diventa dirigente della sezione femminile del P.C.I. e fondatrice dell’Unione Donne Italiane (UDI). Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente come capolista del Partito Comunista Italiano. Eletta al Senato nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: fa parte della XI Commissione Igiene e Sanità. Convinta della necessità di creare le condizioni di crescita e di affermazione per il movimento popolare e operaio, è favorevole all’avvio della nazionalizzazione delle banche e alla riforma agraria.
Maria Nicotra (Catania, 6 luglio 1913 – Padova, 14 luglio 2007)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel XXIX collegio (Catania- Messina-Siracusa-Ragusa-Enna). Durante la seconda guerra mondiale presta servizio di infermiera volontaria della Croce Rossa italiana. Molto attiva nell’organizzazione dell’associazionismo cattolico, dal 1940 al 1948 è presidente diocesana della Gioventù femminile dell’Azione Cattolica di Catania. Si occupa di azione sociale curando il sorgere delle «Case dei lavoratori» e della «Casa dello studente», nonché di scuole artigiane e di laboratori. Fa parte della commissione nazionale femminile delle Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani (ACLI). È assistente delle artigiane cattoliche; si distingue anche nella nascente associazione dei donatori di sangue. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Non interviene in Assemblea e non presenta interrogazioni. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) legislatura del Parlamento: è componente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla miseria in Italia e di vigilanza sulle condizioni dei detenuti.
Teresa Noce (Torino, 29 luglio 1900 – Bologna, 22 gennaio 1980)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel XIV collegio (Parma-Modena-Piacenza-Reggio Emilia). Nel 1923 assume la direzione della Federazione giovanile comunista e del giornale «La voce della gioventù». Nel 1931 è una delle principali organizzatrici dello sciopero delle mondine. Nel 1935 è delegata al VII Congresso dell’Internazionale comunista. Nel 1933-34 Teresa Noce si reca, insieme al marito Luigi Longo, a Mosca per rappresentare gli italiani nel Profintern (Internazionale dei sindacati rossi), poi ancora a Parigi dove contribuisce alla nascita di «Noi Donne» e dirige l’organo dell’emigrazione italiana a Parigi «Il Grido del Popolo». Nel 1935 è delegata al VII Congresso dell’Internazionale comunista. Allo scoppio della guerra civile si reca in Spagna dve dirige con lo pseudonimo di Estella, suo nome di battaglia, «Il Garibaldino», e «Il volontario della libertà», giornale delle Brigate Garibaldi. Finita la guerra in Spagna, rientra a Parigi, finché nel settembre del 1939, viene internata, insieme al marito, nel campo di concentramento di Rieucros. Viene liberata dopo l’armistizio franco-tedesco per intervento delle autorità sovietiche, allora alleate alla Germania nazista, in virtù del Patto di non aggressione russo-tedesco del 23 agosto 1939 (Patto Molotov-Ribbentrop). Teresa Noce lavora per il Partito comunista francese come responsabile della MOI (Mano d’opera immigrata) a Marsiglia, dove trova ospitalità presso la famiglia del futuro cantante Yves Montand. Collabora all’organizzazione della lotta armata condotta dai «francs tireurs et partisans», finché, nel marzo del 1943, durante un viaggio illegale a Parigi, viene arrestata dalla polizia francese e nell’agosto del 1944 viene tradotta in Germania nel campo di concentramento di Ravensbruck e quindi a Holleischen (Cecoslovacchia). Liberata nel 1945 rientra in Italia e riprende la sua attività politica. Nel 1945 è membro della Consulta Nazionale, dove viene assegnata alla Commissione Affari politici e Amministrativi. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea costituente nella lista del Partito Comunista Italiano. Fa parte della «Commissione dei 75», che ha il compito di redigere la Carta costituzionale. Partecipa ai lavori della Terza Sottocommissione, che si occupa dei diritti e doveri economico-sociali, dove sottolinea l’importanza della maternità. Lo Stato ha l’obbligo di intervenire per garantire ai bambini, legittimi e illegittimi, la salute, lo sviluppo fisico, morale ed intellettuale, e a tutte le madri la possibilità di procreare in condizioni economiche, igieniche e sanitarie compatibili con la dignità umana e civile. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) e nella II (1953-1958) legislatura del Parlamento: è componente della XI commissione lavoro e previdenza sociale e componente della commissione speciale per l'esame del disegno di legge n. 568: "Ordinamento ed attribuzioni del consiglio nazionale della economia e del lavoro"; si distingue come proponente della legge 26 agosto 1950 n. 860 per la "Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri" che, sostituendo la precedente normativa in materia del 1934, costituì la base della legislazione sul lavoro femminile fino alle leggi degli anni Settanta sulla parità tra donne e uomini.
Ottavia Penna (Caltagirone, 12 aprile 1907 – Caltagirone, 2 dicembre 1986)
Eletta nella lista del Fronte dell’Uomo Qualunque, nel XXIX collegio (Catania-Messina-Siracusa-Ragusa-Enna). Donna di grande temperamento e di grande umanità, si dedica ai più bisognosi, e fonda a Caltagirone, un’associazione di assistenza chiamata «La città del ragazzo». Viene ostacolata fin dagli esordi della sua carriera politica dalle istituzioni locali. Ma contro la logica del tempo che vede, soprattutto nel Meridione, occupare gli spazi della politica solo dagli uomini, sente forte il dovere di esporsi sulla scena pubblica per rivendicare la parità dei diritti tra il genere maschile e femminile. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista del Fronte dell’Uomo Qualunque. Non interviene in Assemblea, né presenta interrogazioni, ma, nell’ambito della discussione sul Titolo VI del Progetto di Costituzione, relativo alle garanzie costituzionali, chiede la votazione a scrutinio segreto a tutela delle libertà democratiche del Parlamento italiano.
Elettra Pollastrini (Rieti, 15 luglio 1908 – Rieti, 2 febbraio 1990)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel XIX collegio (Perugia- Terni-Rieti). Nel 1924 si rifugia in Francia per sfuggire alle persecuzioni fasciste; qui diventa dirigente delle organizzazioni femminili italiane. Nel 1934 si iscrive al P.C.I. e per alcuni anni è redattrice di «Noi Donne». Nel 1937 viene inviata in Spagna come membro di una delegazione internazionale femminile per portare aiuti e solidarietà al popolo spagnolo in lotta ed in tale occasione partecipa al Congresso delle donne spagnole. L’anno successivo rientra in Francia dove si occupa attivamente dell’organizzazione dei comitati femminili dell’Unione popolare italiana e collabora alla «Voce degli italiani». Arrestata dalle autorità francesi nel settembre del 1939, viene rinchiusa prima nel carcere femminile della Roquette e quindi nel campo di concentramento di Rieucros, dove incontra Teresa Noce. Nell’aprile del 1941viene tradotta in Italia e confinata a Rieti, dove continua la sua attività clandestina. Nell’ottobre 1943 viene scoperta ed arrestata dalla polizia tedesca e viene trasferita nelle carceri di Regina Coeli e processata dal tribunale militare tedesco. Nel gennaio del 1944, deportata in Germania, sconta oltre un anno di lavori forzati nel carcere duro di Aichach. Liberata, nel 1945 fa parte della Consulta Nazionale nella Commissione Agricoltura e Alimentazione. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista del Partito Comunista Italiano. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953) e nella II (1953-1958) legislatura del Parlamento: fa parte della XI Commissione Lavoro, Emigrazione, Cooperazione, Previdenza e Assistenza sociale, Assistenza post-bellica, Igiene e Sanità pubblica e della VII Commissione Lavori Pubblici.
Maria Maddalena Rossi (Codevilla, 29 settembre 1906 – Milano, 19 settembre 1995)
Eletta nella lista del Partito Comunista Italiano, nel IX collegio (Verona Padova-Vicenza-Rovigo), Laureata nel 1930 in chimica presso l’Università di Pavia. Nel 1937 insieme al marito, il chimico antifascista Antonio Semproni, si iscrive al PCd’I clandestino, adoperandosi nel «Soccorso Rosso» e per il reperimento di fondi per la lotta antifascista. Scoperta dalla polizia fascista, nel 1942, viene arrestata a Bergamo, processata e quindi inviata al confino a Sant’Angelo in Vado. Rientrata a Milano subito dopo la caduta del fascismo, si reca in Svizzera al fine di reperire i fondi necessari al PCI per la lotta armata. Si trasferisce a Zurigo, dove svolge un lavoro redazionale nei due periodici italiani «Fronte della Gioventù per l’Indipendenza e la Libertà» e «L’Italia Libera», pubblicati per informare i prigionieri connazionali reclusi nei campi svizzeri. Nel dicembre 1944 rientra a Milano, dove fa parte della redazione clandestina de «l’Unità». Fa parte della commissione stampa e propaganda della direzione Alta Italia del P.C.I. ed è responsabile della commissione femminile del partito. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista del Partito Comunista Italiano. È componente della commissione per i trattati internazionali. Nell’ambito della discussione sul Titolo II, del Progetto di Costituzione, riguardante i rapporti etico-sociali, sostiene l’obbligo da parte dello Stato di tutelare la famiglia, è contraria al principio della indissolubilità del matrimonio, dichiara l’eguaglianza morale e civile dei coniugi. Nell’ambito della discussione sul Titolo IV, riguardante la magistratura, sostiene il diritto delle donne ad accedere alla magistratura. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), nella II (1953-1958) e nella III (1958-1963) legislatura del Parlamento: fa parte della II Commissione Rapporti con l’estero, compresi gli economici, Colonie, della Commissione speciale per l’esame del disegno di legge (C. n. 2814) per la ratifica dei trattati sul Mercato Comune e sull’Euratom, della III commissione Affari esteri, Emigrazione.
Vittoria Titomanlio (Barletta, 22 aprile 1899 – Napoli, 28 dicembre 1988)
Eletta nella lista della Democrazia Cristiana, nel XXIII collegio (Napoli Caserta). Nel 1928 fa parte della Gioventù femminile di Azione Cattolica. Propagandista nazionale dal 1932, viene chiamata in diverse regioni d’Italia per tenere corsi di studio e relazioni. Si dedica all’opera di assistenza e formazione delle operaie patrocinata dall’Unione Femminile Cattolica Italiana. Nel 1936 è componente del consiglio superiore della gioventù femminile di Azione cattolica. Dopo il 1943 è consigliere nazionale dell’Associazione italiana maestri cattolici e segretaria provinciale delle ACLI. Delegata nazionale del Movimento femminile per l’artigianato italiano e membro del comitato consultivo ministeriale per l’artigianato e le piccole industrie, diviene membro del consiglio nazionale del Movimento femminile della Democrazia Cristiana. Nel 1946 viene eletta all’Assemblea Costituente nella lista della Democrazia Cristiana. Nell’ambito della discussione del Titolo V, riguardante le Regioni e i Comuni, sostiene l’autonomia regionale, che, nel rispetto delle singole esigenze, tradizioni, prospettive, diventa sinonimo di libertà e democrazia. Interviene, inoltre, in occasione della discussione sul disegno di legge sulla stampa dove è favorevole alla pubblicazione da parte del giornale delle rettifiche delle persone cui sia stata lesa la dignità. Eletta alla Camera dei deputati nella I (1948-1953), nella II (1953-1958), nella III (1958-1963) e nella IV (1963-1968) legislatura del Parlamento: fa parte della VI commissione Istruzione e Belle Arti e della XI Commissione Lavoro, Emigrazione, Cooperazione, Previdenza e Assistenza sociale, Assistenza post bellica, Igiene e Sanità pubblica e della Commissione parlamentare consultiva per il parere sulla emanazione delle norme relative alla assicurazione obbligatoria contro le malattie per gli artigiani e della Commissione parlamentare consultiva per la disciplina giuridica delle imprese artigiane, della XII Commissione Industria e Commercio, Artigianato, Commercio estero.