Alberi e guerra: un legame invisibile ma profondo
Gli alberi sono testimoni silenziosi della storia dell’umanità. Spesso fanno da sfondo ai conflitti, ma troppo raramente li si considera protagonisti involontari delle guerre. Come scrive Gabriele Rinaldi, Direttore dell’Orto botanico di Bergamo, le piante «sono protagoniste involontarie anche di tutti i conflitti bellici». La guerra colpisce persone, animali, edifici, ma anche l’ambiente: foreste schiantate, ulivi bruciati, palmeti distrutti, terre rese sterili da defolianti, esplosioni e radiazioni. E la guerra nucleare è la forma più estrema di questa violenza.
Guerra e ambiente: distruzione sistemica
Nel diritto internazionale, la guerra è definita come una condizione in cui la violenza può essere esercitata contro persone, beni e territori. Gli alberi e l’ambiente in generale rientrano tra le vittime, sebbene raramente lo si riconosca. Gli effetti sono devastanti: basti ricordare i defolianti usati nel Vietnam, le palme da dattero distrutte nella guerra Iran-Iraq, le foreste europee bombardate durante il Novecento, gli ulivi palestinesi abbattuti. La guerra devasta il paesaggio e con esso la nostra relazione con la Natura.
Ma la guerra, prima ancora che contro l’uomo, è contro Natura. Viviamo in una biosfera simbiotica: il nostro benessere dipende dall’ambiente che ci circonda. L’attacco agli ecosistemi è un attacco a noi stessi. Ecco perché il rispetto della Natura è una condizione necessaria per la Pace.
La bomba atomica e il paradosso della vita
Gli effetti delle bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki furono catastrofici: le città furono annientate e si pensò che nulla potesse più crescere in quei luoghi per almeno 75 anni. Eppure, nella primavera del 1946, accadde l’impensabile. A pochi chilometri dall’epicentro dell’esplosione, ricominciarono a germogliare le foglie.
Così nacquero gli Hibaku Jumoku, ovvero gli “alberi sopravvissuti” alla bomba atomica. Circa 170 alberi di 32 specie diverse sono riusciti a rinascere, sfidando la morte e diventando simboli di resilienza e speranza. Gli scienziati spiegano questo fenomeno con l’incredibile capacità di adattamento degli alberi, il cui sistema modulare consente la rigenerazione anche dopo danni gravissimi.
Oggi gli Hibaku Jumoku sono stati censiti, identificati e onorati con targhe. Sono simboli viventi di memoria e rinascita.
Revive Time: la memoria che cresce
Dal 1994, in Giappone è nato un progetto straordinario: il Revive Time Kaki Tree Project. Tutto parte da un albero di kaki sopravvissuto al bombardamento di Nagasaki, curato con amore da un arboricoltore, Masayuki Ebinuma. Dall’albero si ottennero nuove piantine, affidate poi ad artisti, scuole e comunità di tutto il mondo. L’artista Tatsuo Miyajima le rese protagoniste di un’opera d’arte collettiva e vivente.
Oggi, in Italia – e in particolare a Bergamo – sono già presenti sette alberi di kaki di Nagasaki. Uno anche in Anche in questo Giardino della Pace, come gesto di memoria e speranza.
Un albero a Bergamo, un simbolo per il mondo
Piantare un albero di kaki di Nagasaki a Bergamo è un gesto che unisce memoria, arte e impegno civile. È un rifiuto della violenza e un atto di fiducia nella vita. È anche un modo per costruire una connessione tra le vittime delle guerre e le generazioni future, a cui lasciamo in eredità non solo la storia, ma anche simboli di resilienza.
La presenza degli alberi della pace nei luoghi colpiti dalla guerra – come l’Ucraina oggi – o nelle città europee, è una forma di diplomazia naturale: silenziosa, lenta, ma profondissima.
L’ultima parola alla poesia e alla Natura
La poesia ci aiuta a vedere ciò che spesso ignoriamo. Così scrive Bertolt Brecht in una Berlino del dopoguerra:
«Un pioppo c'è sulla Karlsplatz, / in mezzo a Berlino, città di rovine [...] / Ma sempre il pioppo sulla Karlsplatz / quella sua foglia verde ci mostra.»
Anche Matsuo Bashō, nel XVII secolo, ricordava la vanità della guerra e l’eterna rinascita della Natura:
«Tracce d’un sogno / di guerrieri / nell’erba d’estate.»
La Natura non dimentica, ma sa guarire. Gli alberi che resistono, che tornano a fiorire, sono la prova che la vita può sempre rinascere. E noi possiamo scegliere se essere parte della distruzione, o della cura.
Conclusione: la pace come seme, la cultura come radice
Come conclude Gabriele Rinaldi, la speranza è «nella cultura, un’arma anch’essa dal potenziale enorme, nel bene e nel male». La cultura può essere devastante, ma anche generativa. Piantare un albero è un gesto di cultura: significa credere nel futuro, nella memoria, nella possibilità che la vita possa vincere sulla morte.
La pace non è assenza di guerra, ma costruzione quotidiana. Inizia dalla terra, dai semi, dagli alberi.
SITOGRAFIA E FONTI
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- https://www.researchgate.net/publication/376852866_Significant_Spaces_Exploring_the_Health_and_Wellbeing_Impacts_of_Natural_Environments
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- https://en.wikipedia.org/wiki/Survivor_Tree
- https://www.itrees.com/a/blog/911-and-the-tree-that-survived
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- https://www.corriere.it/pianeta2020/21_marzo_04/chernobyl-anno-35-l-apocalisse-radiazioni-sono-ovunque-ma-piante-si-sono-riprese-tutto
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- https://www.fao.org/4/y5574e/y5574e12.pdf
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- https://www.doppiozero.com/alberi-e-prati-della-grande-guerra
- https://www.iltquotidiano.it/articoli/gli-anelli-degli-alberi-rivelano-cambiamenti-climatici-incendi-e-guerre/
- https://www.quartapareteroma.it/gli-alberi-della-pace-la-guerra-in-ruanda-vista-dalle-donne/
- https://www.filomagazine.it/evento/reading-per-la-pace-alberi-parlanti-contro-le-guerre/
- https://www.agensir.it/quotidiano/2022/4/27/ucraina-lecologia-per-la-pace-a-zarvanytsia-piantare-un-albero-in-attesa-di-una-primavera-che-segni-la-fine-dellinverno-e-degli-orrori-della-guerra/
- https://ilmanifesto.it/lalbero-di-cachi-racconta-la-storia-e-un-vecchio-pacifista-antinucleare
- https://asvis.it/notizie/2-20203/ucraina-la-guerra-causa-inquinamento-e-danni-ambientali
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- https://lasottilelineadombra.com/2018/11/13/maestri-poesia-giapponese-5-haiku-matsuo-basho/